Ieri sera il party pre-evento. Informale ma organizzato sempre perfettamente tanto che come al solito, rosico d'invidia di fronte a certe cose ... ma quante volte avrei voluto fornire del bigliettino adesivo con il nome i miei invitati ad esempiooo!!!??! aargghhh :)
E qui, in rapida successione l'Aceto Balsamico di Reggio con i rappresentati di quello di Modena, Martino e Simone (mancava solo quello che lo faceva ad Afragola e c'eravamo tutti)
Oggi invece, il tanto atteso Open House. Due anni sono passati alla velocita' della luce cacchio!
lunedì, settembre 29, 2008
domenica, settembre 28, 2008
In giro per Macleay Park e Pittock Mansion
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Live from qui e la'
sabato, settembre 27, 2008
I primi giorni americani
Undici ore di volo da Francoforte non sono proprio una passeggiata in ogni caso non mi lamento, infatti trovare di fianco a te uno che ti racconta la sua vita in giro per il mondo con un paio di mogli e dozzine di figli qua e la' ... non ha prezzo! :)
In ogni caso, arrivare in Oregon, Portland per l'esattezza, ha un fascino tutto suo ... "Healty-green-peace&love" lo definirei.
Subito ieri, ho mangiato qualcosa nel tendenzioso Clyde Common.
Mi piace e apprezzo tantissimo questa capacita' americana di mixare senza particolari preclusioni stili e cucine diverse. Anche troppo si potrebbe dire. Certo, nella maggior parte dei casi lo stile e' troppo-tanto. Condimenti, agli-cipolle-cannelle, olii-salse si sprecano ma tanti sono i posti dove i piatti diventano piu' "puliti" con meno ingredienti ma buoni.
E poi i locali, con la cura per certi dettagli da fare impazzire un feticista come me...
Ieri ho provato una sorta di giardiniera del Marocco" , un "Ling Code" su una crema di melanzane arricchita da un po' di peperoncino ed altre speziette come cardamomo e coriandolo, un pimientos de pequillo "caramellato". Delizioso.
Una tarte tatin proprio fatta bene, con gelato al latte di capra e gocce di Balsamico.
Oggi invece abbiamo iniziato con una bella degustazione da Zupan's Market.
Sotto c'e' una sala privata veramente niente male
E alla fine mi sembravano tutti contenti.
La domanda sorge spontanea: in che negozio/enoteca in Italia dimostrano un tale interesse?
In che posto i responsabili dei settori dei diversi punti vendita stanno li' un'ora ad ascoltarti e farti domande sul prodotto con la voglia di imparare?
A me in Italia e' successo solo una volta. Qui. Per il resto probabilmente c'e' la convinzione di sapere gia' tutto, c'e' una sola esigenza, il prezzo.
Dopo la dimostrazione, tutti su in corsia per vedere i prodotti in vendita e con grande umilita' capire che nonostante i numeri sulle bottiglie, nonostante le scritte "vecchio-invecchiato 1000 anni-original" ecc... i prodotti sono molto diversi e vanno spiegati ai clienti.
Dopo Zupan's ho visitato
- Pastaworks
- Elephants deli
Anche in questi casi, attenzione alle stelle.
E confermato anche dagli amici di Provvista (sono qui per loro, dato che domenica c'e' l'Open-house biennale) Portland e' cmq un'isola felice dato che c'e' un rapporto molto alto tra popolazione e numero di negozi che trattano prodotti originali-artigianali ecc.. certo anche in questi contesti c'e' verametne di tutto, tipo il Balsamico di Paul Newman, non potrebbe mancare, pero' c'e' anche dell'ottimo Parmigiano-Reggiano, Olii buoni, vino buono.
Ah! ma lo sapevate che a Portland c'e' la piu' alta concentrazione pro-capite di Micro-Birrifici (quasi) al mondo! Secondi solo a Colonia mi dicono... :O
Vabbe' , a presto con il nuovo aggiornamento!
In ogni caso, arrivare in Oregon, Portland per l'esattezza, ha un fascino tutto suo ... "Healty-green-peace&love" lo definirei.
Subito ieri, ho mangiato qualcosa nel tendenzioso Clyde Common.
Mi piace e apprezzo tantissimo questa capacita' americana di mixare senza particolari preclusioni stili e cucine diverse. Anche troppo si potrebbe dire. Certo, nella maggior parte dei casi lo stile e' troppo-tanto. Condimenti, agli-cipolle-cannelle, olii-salse si sprecano ma tanti sono i posti dove i piatti diventano piu' "puliti" con meno ingredienti ma buoni.
E poi i locali, con la cura per certi dettagli da fare impazzire un feticista come me...
Ieri ho provato una sorta di giardiniera del Marocco" , un "Ling Code" su una crema di melanzane arricchita da un po' di peperoncino ed altre speziette come cardamomo e coriandolo, un pimientos de pequillo "caramellato". Delizioso.
Una tarte tatin proprio fatta bene, con gelato al latte di capra e gocce di Balsamico.
Oggi invece abbiamo iniziato con una bella degustazione da Zupan's Market.
Sotto c'e' una sala privata veramente niente male
E alla fine mi sembravano tutti contenti.
La domanda sorge spontanea: in che negozio/enoteca in Italia dimostrano un tale interesse?
In che posto i responsabili dei settori dei diversi punti vendita stanno li' un'ora ad ascoltarti e farti domande sul prodotto con la voglia di imparare?
A me in Italia e' successo solo una volta. Qui. Per il resto probabilmente c'e' la convinzione di sapere gia' tutto, c'e' una sola esigenza, il prezzo.
Dopo la dimostrazione, tutti su in corsia per vedere i prodotti in vendita e con grande umilita' capire che nonostante i numeri sulle bottiglie, nonostante le scritte "vecchio-invecchiato 1000 anni-original" ecc... i prodotti sono molto diversi e vanno spiegati ai clienti.
Dopo Zupan's ho visitato
- Pastaworks
- Elephants deli
Anche in questi casi, attenzione alle stelle.
E confermato anche dagli amici di Provvista (sono qui per loro, dato che domenica c'e' l'Open-house biennale) Portland e' cmq un'isola felice dato che c'e' un rapporto molto alto tra popolazione e numero di negozi che trattano prodotti originali-artigianali ecc.. certo anche in questi contesti c'e' verametne di tutto, tipo il Balsamico di Paul Newman, non potrebbe mancare, pero' c'e' anche dell'ottimo Parmigiano-Reggiano, Olii buoni, vino buono.
Ah! ma lo sapevate che a Portland c'e' la piu' alta concentrazione pro-capite di Micro-Birrifici (quasi) al mondo! Secondi solo a Colonia mi dicono... :O
Vabbe' , a presto con il nuovo aggiornamento!
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La terza puntata del film sull'Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia Dop
In questa puntata, la "scelta dei barili" e "l'ubicazione dell'Acetaia".
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Come si fa,
Servizio pubblico
mercoledì, settembre 17, 2008
La Cottura del Mosto
Oggi e' giorno di cottura e allora quale migliore occasione per documentare un evento cosi' importante per il mitico Balsamico Tradizionale?
Ripercorriamo assieme il percorso.
1- l'uva del territorio:
Questa e' un'immagine "di repertorio". Oggi in particolare abbiamo utilizzato Lancellotta, uva poco conosciuta al nome ma famossisima tra gli operatori per la capacità colorante (tanto che alcuni produttori di mosto concentrato confidano che la spediscono in tutt'Italia perchè utilizzata per qualche ... "ritocchino" :)
2- il mosto FRESCO, pigiato.
Non per niente infatti si denota una colorazione pazzesca nonostante la pressatura. E' vero che la pigiatura non e' stata extra-soffice ma neppure super-torchiata e, comunque, il contatto con la buccia e' stato praticamente inesistente.
Importantissimo che il mosto sia fresco, non nel senso di "temperatura" ma che non abbia cioè avviato la spontanea fermentazione alcolica. Questo perche' ogni singolo grado zuccherino e' fondamentale. A proposito, questo fa 22 brix e di acidità.
3- Messa in caldaia per la COTTURA A FUOCO DIRETTO: (accensione fuoco ore 8,35)
Ok, tempo fa era di rame, adesso non si puo' piu'. Tempo fa si faceva altresi' fuoco con legna e fascine varie. Adesso si potrebbe, ma considerando che dobbiamo fare tante cotture e bravi con la legna non lo si e' mai abbastanza, il rischio di "strinare" il mosto o di non cuocerlo sarebbe elevatissimo per cui, un bel bruciatore a gas di un clinico-inox che di piu' non si puo', e' quello che fa al caso nostro.
Questo ha una capacità di 460 litri, farlo pieno ci metterebbe un'infità perche' l'apparato focario (?) e la relativa capacita' calorifera del gas (?) - inferiore a quella della legna- non e' sufficiente per tenere "alto il ritmo".
Preferiamo quindi fare piu' cotture ma piu' veloci (a metà capacità) con 200 litri circa di mosto fresco. L'importanza del fatto che le cotture siano impostate preferibilmente su una relazione tipo: alta temperatura (mai superiore 95°)+piu' breve tempo possibile, piuttosto che bassa temperatura+lungo tempo, e' un po' sia questione di buon senso che, a quanto pare, anche di "salute". Dico a quanto pare perche' alcune recenti ricerche della facolta' di Agraria di Reggio E. e Modena (più altri) hanno riportato che le lunghe cotture aumentano, in modo esponenziale la produzione di composti "furfurali", che se non ci fossero, in tali concentrazioni, sarebbe proprio meglio!
4- Raggiungimento della temperatura ideale:
vista la scarsa evaporazione durante questa fase, può essere effettuata a coperchio chiuso per aiutare il riscaldamento della massa
5- Schiumatura.
Sicuramente uno dei momenti piu' "romantici". Non puo' non venire in mente Publio Virgilio Marone nelle sue Georgiche che schiumava proprio il mosto con una frasca di un albero ... è un po' come tornare indietro nel tempo :)
Diciamo che, adesso, alposto della frasca, usiamo qualche altro strumento :)
Ore 13,58 - aggiornamento: calo di circa il 5%, temperatura 87° e gli dò qualche grado in piu'.
Raccatto qualche cadavere di Ape che paga con la vita la troppa golosità :)
Ore 18,00 - 32 gradi brix. Il traguardo si avvicina
Ore 20,00 - 34 gradi brix. Direi che potremmo anche staccare il fuoco ...
Ecco qui: abbiamo finalmente il MOSTO COTTO. L'evaporazione è stata circa del 40-45%.
Ore 21,00: 6 - Conservazione del mosto cotto:
Se non si vuole far fermentare subito il mosto, poichè la concentrazione zuccherina non è tale da impedire la partenza repentina della fermentazione alcolica, e' bene "mettere sotto vuoto" il mosto cotto". Cioe', o lo si refrigera (e allora serve un bell'impiantone) o lo si mette ancora bello caldo in damigiane a collo preferibilmente stretto (occhio a non far crepare il vetro!).
Raffreddandosi creera' il vuoto e si potra' utilizzare quando si vorra'.
Ecco qui le fasi salienti.
----------------
Penso meriti la prima pagina, una variante di AliceTwain :)
"Suggerimento: se non avete un'acetaia ma avete lo stesso un tot di uva da vino, ammostatela comunque, poi filtrartela grossolanamente ottenendo circa un litro di mosto senza semini. in una pentola, mettete una cucchiaiata abbondante di farina, o anche di fecola di patate, e alla necessità uno o due cucchiai di zucchero. mescolate e diluite con un cucchiaio di mosto e aanti così fino ad avere sciolto tutti i solidi. Adesso aggiungete il resto del mosto e piazzate su un più come fornello da cucina, e portate a bollore mescolando quietamente. Fate bollire per una decina di minuti, o comunque finché il composto si è rassodato. Travasate negli stampini e fate raffreddare in frigo prima di mangiare. "
Ripercorriamo assieme il percorso.
1- l'uva del territorio:
Questa e' un'immagine "di repertorio". Oggi in particolare abbiamo utilizzato Lancellotta, uva poco conosciuta al nome ma famossisima tra gli operatori per la capacità colorante (tanto che alcuni produttori di mosto concentrato confidano che la spediscono in tutt'Italia perchè utilizzata per qualche ... "ritocchino" :)
2- il mosto FRESCO, pigiato.
Non per niente infatti si denota una colorazione pazzesca nonostante la pressatura. E' vero che la pigiatura non e' stata extra-soffice ma neppure super-torchiata e, comunque, il contatto con la buccia e' stato praticamente inesistente.
Importantissimo che il mosto sia fresco, non nel senso di "temperatura" ma che non abbia cioè avviato la spontanea fermentazione alcolica. Questo perche' ogni singolo grado zuccherino e' fondamentale. A proposito, questo fa 22 brix e di acidità.
3- Messa in caldaia per la COTTURA A FUOCO DIRETTO: (accensione fuoco ore 8,35)
Ok, tempo fa era di rame, adesso non si puo' piu'. Tempo fa si faceva altresi' fuoco con legna e fascine varie. Adesso si potrebbe, ma considerando che dobbiamo fare tante cotture e bravi con la legna non lo si e' mai abbastanza, il rischio di "strinare" il mosto o di non cuocerlo sarebbe elevatissimo per cui, un bel bruciatore a gas di un clinico-inox che di piu' non si puo', e' quello che fa al caso nostro.
Questo ha una capacità di 460 litri, farlo pieno ci metterebbe un'infità perche' l'apparato focario (?) e la relativa capacita' calorifera del gas (?) - inferiore a quella della legna- non e' sufficiente per tenere "alto il ritmo".
Preferiamo quindi fare piu' cotture ma piu' veloci (a metà capacità) con 200 litri circa di mosto fresco. L'importanza del fatto che le cotture siano impostate preferibilmente su una relazione tipo: alta temperatura (mai superiore 95°)+piu' breve tempo possibile, piuttosto che bassa temperatura+lungo tempo, e' un po' sia questione di buon senso che, a quanto pare, anche di "salute". Dico a quanto pare perche' alcune recenti ricerche della facolta' di Agraria di Reggio E. e Modena (più altri) hanno riportato che le lunghe cotture aumentano, in modo esponenziale la produzione di composti "furfurali", che se non ci fossero, in tali concentrazioni, sarebbe proprio meglio!
4- Raggiungimento della temperatura ideale:
vista la scarsa evaporazione durante questa fase, può essere effettuata a coperchio chiuso per aiutare il riscaldamento della massa
5- Schiumatura.
Sicuramente uno dei momenti piu' "romantici". Non puo' non venire in mente Publio Virgilio Marone nelle sue Georgiche che schiumava proprio il mosto con una frasca di un albero ... è un po' come tornare indietro nel tempo :)
Diciamo che, adesso, alposto della frasca, usiamo qualche altro strumento :)
Ore 13,58 - aggiornamento: calo di circa il 5%, temperatura 87° e gli dò qualche grado in piu'.
Raccatto qualche cadavere di Ape che paga con la vita la troppa golosità :)
Ore 18,00 - 32 gradi brix. Il traguardo si avvicina
Ore 20,00 - 34 gradi brix. Direi che potremmo anche staccare il fuoco ...
Ecco qui: abbiamo finalmente il MOSTO COTTO. L'evaporazione è stata circa del 40-45%.
Ore 21,00: 6 - Conservazione del mosto cotto:
Se non si vuole far fermentare subito il mosto, poichè la concentrazione zuccherina non è tale da impedire la partenza repentina della fermentazione alcolica, e' bene "mettere sotto vuoto" il mosto cotto". Cioe', o lo si refrigera (e allora serve un bell'impiantone) o lo si mette ancora bello caldo in damigiane a collo preferibilmente stretto (occhio a non far crepare il vetro!).
Raffreddandosi creera' il vuoto e si potra' utilizzare quando si vorra'.
Ecco qui le fasi salienti.
----------------
Penso meriti la prima pagina, una variante di AliceTwain :)
"Suggerimento: se non avete un'acetaia ma avete lo stesso un tot di uva da vino, ammostatela comunque, poi filtrartela grossolanamente ottenendo circa un litro di mosto senza semini. in una pentola, mettete una cucchiaiata abbondante di farina, o anche di fecola di patate, e alla necessità uno o due cucchiai di zucchero. mescolate e diluite con un cucchiaio di mosto e aanti così fino ad avere sciolto tutti i solidi. Adesso aggiungete il resto del mosto e piazzate su un più come fornello da cucina, e portate a bollore mescolando quietamente. Fate bollire per una decina di minuti, o comunque finché il composto si è rassodato. Travasate negli stampini e fate raffreddare in frigo prima di mangiare. "
martedì, settembre 02, 2008
Il secondo episodio del film "L'Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia"
... e cioè: un po' di normativa e la prima fase produttiva: l'uva e la cottura del mosto.
Bals-Enjoy :)!
Bals-Enjoy :)!
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Come si fa,
Servizio pubblico
lunedì, settembre 01, 2008
Il vino e la "Fermentazione Naturale". Incontro con i produttori e dilemmi esistenziali
Sabato scorso sono stato nella prima collina parmense, località Ariola per l'esattezza, ad assistere all'intervista (una sorta di continuum rispetto alla sera prima) di Sandro Sangiorgi a tre produttori di riferimento del mondo della "fermentazione naturale".
Argomento che sarà trattato nel prossimo Porthos, il numero 32 (direi).
Parliamo di
- Loris Foradori: Prosecco.
- Vittorio Graziano: Lambrusco Grasparossa di Castelvetro
- Camillo Donati (padrone di casa assieme a Francesca, cuoca splendida): Lambrusco, Malvasia, Barbera.
- (produttore-bonus) .... non ricordo il nome mannaggia, comunque giovanissimo produttore dal Piacentino (Ortugo e Bonarda).
Presenti anche Damiano Raschellà e moglie (idem, zero nome scusate) e Tiziana Gallo.
Sono state tante le cose trattate, in quella che più che un'intervista e' stata una chiaccherata tra amici, e degne di essere riportate; anche se lungi da me la volontà di rovinare la sorpresa dell'articolo che ne uscirà e che consiglio a tutti di leggersi.
Si è parlato, come se ce ne fosse bisogno, di come la DOC non tuteli, (anzi!) questi produttori che per uno strano meccanismo sono considerati l' "eccezione", l' "avanguardia", quelli "strani" rispetto ad una media che ha fatto del "vino-fatto-in-cantina" l'unica espressione normale di un territorio.
Incontrando persone come queste, ci si rende conto di come quello che e' considerato "diverso" , dovrebbe essere la normalità, anche semplicemente come frutto di decisioni di buon-senso.
Per me, che faccio parte della categoria di quelli che si sono accorti del "privilegio" di poter accedere ad un lavoro di trasformazione di prodotti della natura (essere "produttori" insomma), e' stata un'opportunita' per conoscere le persone che, questo privilegio, lo vivono, spontaneamente, senza passare da quell'ingombrante fase razionale che contraddistingue la mia generazione, per la quale i libri dovevano costituire il punto più alto e che invece mi rendo conto che, sempre di più, impediscono un sano approccio alla natura, al lavoro materiale e all'umilità.
E anche il blog, e tutto quello che ci ruota attorno, non e' che aiuti tanto in tal senso :)
Parlo per me? Certo! don't worry.
Grazie a:
- Sandro per l'invito
- Gli intervenuti per quanto hanno "messo sul tavolo"
- Francesca per la "torta fritta" che si, vabbe', dato che sono umano, era buona quasi come il nostro Gnocco fritto Reggiano :)
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